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Il mercato dei Dati pubblici: sogno o realtà?

di Daria Deregibus | Team editoriale Mentors4u

Nella nostra società digitale si sente sempre più spesso parlare di Big Data, Data Scientist e Intelligenza Artificiale. Ma quanto ne sappiamo realmente dei dati? E come possono essere utilizzati per generare ricchezza e benessere?

Il dato non assume un reale valore fino al momento in cui non viene aggregato e trasformato in informazione. Infatti solo attraverso un’attenta e scrupolosa analisi si possono generare conclusioni utili a muoversi in una determinata direzione e modificare lo status quo in positivo. Le organizzazioni e i governi hanno sempre cercato di tenere i dati segreti in modo da avere un vantaggio competitivo rispetto ai loro concorrenti. Solo recentemente i cittadini e le organizzazioni hanno capito il valore della condivisione del dato e numerosi movimenti detti “Open Data Movements” sono sorti proprio per favorire la libera circolazione dei dati che possono essere aggregati, analizzati e condivisi.

Numerose ricerche sono state fatte in merito al valore aggiunto di rendere i dati disponibili ai cittadini e alle imprese, in particolare su come i dati possono esseri utilizzati nella pubblica amministrazione per generare valore per la comunità e su quali sono le ragioni per cui dovremmo garantire la trasparenza dei dati. Infatti, è opinione condivisa che i dati siano un bene pubblico, ovvero dal quale nessuno può essere escluso e del quale tutti possono beneficiare. Ma è davvero così?

Se è vero che l’informazione genera un vantaggio competitivo allora il corretto uso dei dati escluderà qualcuno dall’appropriarsi di questo valore, creando disuguaglianza tra i fruitori. Questo ragionamento può essere valido solo in parte. Infatti è necessario fare una distinzione tra dati pubblici e dati privati. 
I primi riguardano dati anonimi, territoriali, il quale uso non implica un sostanziale impatto sulla popolazione. I secondi sono invece dati che per motivi personali non possono essere resi pubblici. 

Il tema pubblico-privato è uno tra i più dibattuti. Infatti nelle politiche di Open Data una delle barriere risulta essere la poca propensione alla condivisione dei dati a causa della mancata conoscenza delle regole sulla privacy e diffusione dei dati. Sono nate a tale proposito delle linee guida, che devono essere rispettate dagli enti che vogliono mettere a disposizione i propri dati in modo da anonimizzarli e renderli non tracciabili, per tutelare gli enti pubblici, ma soprattutto, i cittadini e le imprese. 


Open Government Data Policies

Proprio allo scopo di rendere i dati territoriali fruibili dai cittadini e dalle imprese sono nate delle politiche ad hoc chiamate Open Government Data Policies. Queste regolamentazioni obbligano le pubbliche amministrazioni a condividere i propri dati attraverso un portale accessibile ai cittadini gratuitamente.
L’impatto potrebbe essere molto forte sia dal punto di vista di rendere più efficiente la pubblica amministrazione sia dal lato di garantire la trasparenza del sistema verso i cittadini. Tuttavia, rendere i dati liberamente fruibili non è un’azione facile. Richiede infatti uno studio di quali dati rendere accessibili e in quale modo, in modo da renderli analizzabili dai cittadini e dalle imprese che ne richiedono l’utilizzo.
Inoltre, è necessario fare una distinzione tra la domanda dei dati che viene richiesta dai cittadini e l’offerta che viene distribuita dagli enti pubblici. Come mostra il grafico a volte si crea un gap tra le due parti dovuto in gran parte al fatto che coloro che rendono i dati accessibili si dimenticano del reale utilizzo che i cittadini o le aziende fanno dei dati. Solamente attraverso un attento studio ex-ante è possibile identificare questi gap, andando così a diminuire il rischio di insuccesso per le piattaforme di Open Data. 

Un modello per analizzare la domanda e offerta degli Open Data 
















I dati in Italia: chi li raccoglie, come vengono condivisi e usati 

In Italia è l’AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) ad occuparsi di rendere disponibili i dati sul portale Dati.gov e di implementare politiche attive per fare in modo che tutte le pubbliche amministrazioni e gli enti locali condividano i dati aggregati che andranno a confluire in un database facilmente consultabile.
I database condivisi a livello locale potrebbero generare immenso valore per il cittadino e le imprese. Per i primi, il libero accesso ai dati di vario genere come sanità, cultura, dati territoriali potrebbero servire oltre che a monitorare l’operato dei governi anche a creare informazioni utili per collaborare attivamente nella politica. Per le imprese e le startup, avere libero accesso ai dati potrebbe creare un vantaggio competitivo e favorire la nascita di startup basate sull’incrocio dei dati. Un esempio è Pronto Soccorso Lazio, un’App che sfrutta gli Open Data della regione Lazio per monitorare lo stato delle code negli ospedali. 
Possiamo dire che le opinioni sugli Open Data sono ad oggi molto contrastanti. Molti vedono nel libero mercato dei dati la chiave del futuro e la possibilità per aziende e individui di creare valore aggiunto. Secondo alcuni sostenitori la democratizzazione del dato aiuterà le persone a prendere le giuste decisioni al momento giusto. Tuttavia, l’incontro tra domanda e offerta di dati richiede un impegno costante e solamente una collaborazione attiva tra tutte le parti coinvolte potrà creare un reale mercato dei dati. 

Mattoncino dopo mattoncino, i singoli cittadini possono dare il proprio contributo allo sviluppo delle piattaforme regionali e locali. Contribuire a diffondere la conoscenza sugli Open Data e sviluppare i Dati aperti delle amministrazioni è un piccolo passo per rendere il nostro paese più trasparente e efficiente.
 
Se volete saperne di più sultema Open Data, nei prossimi articoli parleremo dello stato di apertura attuale delle regioni Italiane e dell’opinione dei cittadini italiani sulle politiche Open Data e i possibili sviluppi futuri. Stay Tuned!
 
 






 

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